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Dove sta il confine tra il senso di giustizia e il desiderio di vendetta?
La premessa: sto seguendo con passione un avvincente telefilm giapponese, la cui trama si sviluppa intorno a un gioco di menzogne e truffe. Vince il gioco chi riesce a beffare gli altri, vincere il montepremi e mandare i concorrenti rivali sul lastrico. La protagonista è una giovane donna ingenua ed estremamente fiduciosa che viene coinvolta nel gioco suo malgrado. La sua fiducia nella natura eminentemente buona degli esseri umani la porta a essere truffata più e più volte, ma lei non si arrende mai e perdona/aiuta tutti, anche i più cinici. La sua filosofia è semplice: solo se sai credere negli altri e sai perdonare puoi mettere a tacere i tuoi demoni.
Da qui la mia riflessione: di fronte al personaggio negativo ed egoista, il perdono mi infastidisce. Non sono l'unica, a giudicare dai commenti degli altri spettatori del telefilm.
Perché sentiamo il bisogno di vedere il cattivo sconfitto, umiliato, messo a tacere per sempre? Che cosa crediamo di guadagnare, una volta che il danno è stato fatto, dall'infliggere al "malfattore" una punizione?
Dove finisce il naturale senso di giustizia ed equilibrio e comincia la semplice sete di vendetta che, è noto, non riporta indietro l'orologio?
Il telefilm si chiama "The Liar Game". Io lo trovo appassionante, ma deve piacere il genere dorama nipponico...
Inutile dire che qui serve solo da spunto alla domanda. :)
Bru, puoi sempre chiamarmi Rita San. ;-))
16 Answers
- 1 decade agoFavorite Answer
Qualcuno disse che la Giustizia non è altro che la vendetta dei deboli, i quali, per sopravvivere, inventarono la democrazia, si misero d'accordo e si posero delle regole per impedire ai più forti, che erano la minoranza, di sopraffarli ed utilizzarli come schiavi.
Letta in questo modo la Giustizia non si appalese molto "giusta", ma di contro dobbiamo ricordarci che la società nasce nel momento in cui il popolo si da delle regole che tutti dovrebbero rispettare, e che tali regoli non sono calate dall'alto (un dio o qualcosa di simile), ma sono dettate dall'uomo e perfezionate col tempo. Tutto è regola umana, niente è regola divina, il perdono non è altro che l'altra faccia della medaglia, una forma di coercizione imposta dall'alto, che ti porta a non perseguire la Giustizia (nel senso sopra riportato) e nel "lassaiz faire" di keynesiana memoria. Come Keynes mancò clamorosamente quando sostenne che, lasciando fare, il mercato raggiunge il suo equilibrio (mentre invece si realizzano solo i monopoli dei più forti) allo stesso modo il "lassaiz faier" applicato alla società, il "porgi l'altra guancia", il "perdono", non portano altro che ad un perdurare della prevaricazione dei forti sui deboli.
Una società è un insieme di regole, di pesi e contrappesi, basta che crolla uno per far crollare miseramente tutta l'impalcatura, e quindi il perdono, il non perseguire l'applicazione "fredda" della regola, determina l'estinzione della società. Anche il perdono non è altro che una crepa in un muro, una finestra lasciata rotta alla quale ne seguiranno sempre altre, perchè quella finestra rotta indica che la regola di non rompere le finestre li non è più rispettata. E quindi si può!
La Giustizia, quindi, non è altro che una forma di vendetta, ma che assume una veste più umana nel momento in cui la sua applicazione e la conseguente punizione non è demandata al soggetto che ha subito il torto, bensì ad altre persone (un tribunale) che hanno il pregio, in quella situazione contingente, di non esserne toccati personalmente, e hanno l'animo più leggero e meno rabbia da scaricare. Da ciò ne dovrebbe emergere una decisione più equanime, più proporzionata al danno subito, una decisione, in poche parole, più comprensibile (forse è meglio dire: accettabile!) per il resto della società, e per quello.... "giusta"!
La vendetta è atroce perchè è commisurata all'atrocità di chi si vendica, mentre l'atrocità della Giustizia è commisurata all'atrocità dell'offesa. Tutta qui la differenza. E la Giustizia è tanto più bella in quanto è una vendetta inflitta da altri, lasciandoti addirittura la possibilità di mostrarti generoso nei confronti del condannato, perdonandolo dei suoi reati. Quanti oggi perdonano, ben sapendo che l'altro sarà condannato da un giudice? Perdonerebbero ugualmente se sapessero che non ci sarà un giudice a condannarlo?
Del resto, etimologicamente parlando, la vendetta è l'affermazione di una forza (vix), mentre la giustizia è l'affermazione di una regola religiosa, che ai tempi nostri diventa regola giuridica.
Per quanto riguarda l'esigenza di Giustizia, o vendetta che dir si voglia, amo pensare che sia per mantenere la civiltà. Nel nostro inconscio sappiamo bene che il venir meno di una sola regola della società ne determina un crollo, e il patto sociale dell'alba dei tempi esige il suo tributo di sangue per rinnovarsi ogni volta. E' sul quel gesto che si basa la sopravvivenza della società, ed è quel gesto che consente che non si torni all' "homo homini lupus"!
Chi ci dice il contrario, chi dice che si può vivere anche senza Giustizia, coltivando il perdono, sa bene che quella strada porta all'eccezione che si forma regola. E, alla fine, chi deciderà per chi valgono le eccezioni? Chi stabilirà chi dovrà essere perdonato e chi no?
P.S. Ancora co sti giapponesi? Finirà che ti chiameranno GiappoRita! ;-)
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"RitaSan, e parti di slancio...." :-(
nuuuuuu, pare un lassativo!!!!!!
- FlippedLv 61 decade ago
giustizia per me è far capire al colpevole perchè sbaglia. scusa se forse mi distacco un po' dalla specificità della domanda ma per me il discorso è tutto qui.
(non so come si comporti rispetto a questo la protagonista)
- RascalLv 41 decade ago
Il confine tra il concetto di giustizia e quello di vendetta è molto labile,addirittura inesistente per coloro i quali fondono le due cose (vedi i favorevoli alla pena di morte,alla castrazione chimica,ecc ecc...).
Il bisogno di "sconfiggere" colui che ci ha fatto del male è,tecnicamente parlando,per chi crede nella giustizia,una sorta di "istinto ragionato" (e non naturale) ,mentre,per chi crede nella vendetta,un istinto naturale a tutti gli effetti.
La filosofia della protagonista di questo telefilm giapponese è estremamente pura,limpida,di sani princìpi,ma assolutamente non idonea e non compatibile con questo mondo.
Se esistessero luoghi come Utopia o l'Iperuranio di Platone,in cui non v'è traccia di imperfezione o di putrefazione,sarebbe una follia non credere nella parola "credere".
Ma,ahimè,i luoghi di cui ti ho parlato non esistono nè esisteranno mai e qui siamo sul Pianeta Terra,gemma perfetta e preziosa di Madre Natura avvelenata ed deturpata dall'imperfezione umana.
Il "potere del perdono" è un potere immenso,il quale può essere posseduto solo e soltanto da coloro che son dotati una notevole nobiltà d'animo.Perdonare è divino.Eppure il troppo stroppia,anche in questo caso: abusando di questo potere,la tua forza diviene pian piano la tua debolezza,trasformandosi in un succulento lasciapassare per esseri senza scrupoli ad approfittare di te e della tua forza-debolezza arrecandoti danni e ferite e arricchendosi o appagandosi alle tue spalle senza temere eventuali conseguenze che si possano riversare su di loro.
E allora qual è il giusto equilibrio tra l'eccessiva misericordia che ti conduce alla sopraffazione da parte del Mondo Pesce Vorace e l'eccessiva ira che porta alla completa distruzione del tuo nemico e,contemporaneamente,alla tua lenta ed agonizzante autodistruzione? Qual è la via di mezzo fra queste due filosofie di vita?
La filosofia di chi crede nel concetto di giustizia.
Non a caso,il simbolo della giustizia è rappresentato da una bilancia in perfetto equilibrio: compito della giustizia è punire il colpevole nella giusta misura,in maniera direttamente proporzionale al reato da egli commesso,a partire da un risarcimento simbolico (denaro) sino ad arrivare alla completa privazione della libertà che egli non è in grado di gestire autonomamente senza arrecare danno agli altri ed a sè stesso.
La giustizia si pone come intermediario "infallibile" tra il colpevole ed il lesionato,lavorando su entrambi i fronti : assicurarsi che chi ha commesso il reato paghi per ciò che ha fatto e,contemporaneamente,impedire che l'ira,la rabbia della parte lesionata dovuta ai danni fisici o morali ricevuti,sfoci in eccessiva collera ,col rischio di ritrovarsi con due "colpevoli" anzicchè uno.
Per concludere: il naturale senso di giustizia,finisce nel momento in cui la coscienza viene maciullata dalle fauci infuocate dell'ira ,le quali fanno terra bruciata nel tuo animo assetandoti del sangue di colui che ti ha fatto del male ed invogliandoti a proseguire nella tua opera di odio,bruciando dell'altra terra.Questa volta,la sua.
La vendetta non è altro che un falso piacere. Non ti riporterà indietro le ricchezze di cui sei stato derubato,siano esse l'orgoglio,il denaro,l'amore o le vite umane.Essa ti conduce alla cieca violenza attraverso attimi nei quali ti senti giustiziere,nei quali credi che le tue sofferenze verranno appagate.Una volta e per tutte. Invece poi gli occhi ti si aprono lentamente e ti accorgi di ritrovarti solo in una landa devastata dal tuo odio. E senti il tuo senso di distruzione interiore aumentare vertiginosamente.
Un po' come quando ,per rabbia,prendi a pugni una vetrata sentendoti per un attimo soddisfatto di aver sfogato parte della tua ira,ma rendendoti conto poi,che da questo gesto non hai guadagnato nulla se non una mano insanguinata e dei cocci da raccogliere.
- blinkyLv 61 decade ago
"naturale".
A questo aggettivo, che fa capolino sul finire delle tue considerazioni, vorrei appendermi con forza per dare slancio alle poche e confuse idee che vorrebbero diventare risposta.
Culturalmente, istintivamente o forse dogmaticamente siamo portati a identificare ciò che riteniamo essere sano, giusto, buono con la natura. E così sentiamo la proposizione “ il senso di giustizia è naturale” tanto scontata, da infilarla con nonchalance in mezzo a un periodo che mira a esprimere tutt’altro concetto. Ma siamo sicuri che sia naturale? Che faccia cioè davvero parte della nostra natura un equilibrato senso di giustizia? Io ci andrei cauto.
La verità, e lo testimoniano la storia e la realtà in cui siamo immersi, è che la giustizia è sovrumana: l’unico modo che abbiamo di tendervi è quello di farla amministrare da insiemi numerosi di uomini di alta levatura, gli uomini di legge (i probiviri ihih), che dovrebbero far sì che equilibrio vi sia… E per quanto numerosi e capaci siano non possono mai essere in grado di riuscirci a pieno.
Sto dilagando, al mio solito, ma qualcosa mi dice che è “giusto” così….Sarà il mio senso di giustizia? Di certo non è sete di vendetta: andiamo avanti.
Abituato come sono a fare “l’avvocato del diavolo” , anche contro me stesso, vorrei adesso smontare la premessa pezzo per pezzo. Perché appena letta la domanda, con estrema naturalezza mi è venuto da pensare: “questa è domanda per me”.Ho pensato che sono uno a cui le cose storte non vanno a genio, sia che ledano me o i miei cari, sia che siano rivolte ad altri. Ho pensato a come mi si contorce il fegato e a come tendo a reagire a quella che individuo come ingiustizia. E allora “questa è domanda per me”… Avevo forse trascurato il piccolo particolare che quello che sento io è esattamente identico a quello che senti tu, gli altri che hanno risposto, chi ci sta leggendo e con buonissima probabilità tutta l’umanità vivente e defunta.
E allora hai ragione tu: quel sentimento è naturale.
E siamo al punto di partenza.
No. Forse abbiamo anche peggiorato le cose.
Andiamo avanti? Con fiducia!
Proviamo a stabilire quel confine tra vendetta e giustizia. Forse la differenza sta nella reazione, fin da quando è concepita. Fare giustizia, secondo me, significa bilanciare un torto subito mediante una reazione “buona”. L’azione vendicativa è cattiva per definizione … la differenza sta tutta lì. Sono due gemelle eterozigote nate dallo stesso naturale sentimento. E continuando su questa falsariga si potrebbe anche dire che il gene della giustizia buona è recessivo come quello degli occhi azzurri, che quel carattere tende a essere raro e infrequente perché in qualche modo sopraffatto da altro.
E’ molto più difficile rispondere alla domanda sul perché… perché, una volta accertato e accettato che è qualcosa di innato, come tutte le cose innate non ha un perché, forse.
A questo punto rimane soltanto una zona d’ombra nel tuo testo, che ho esplorato mentre rispondevo, ed è l’antefatto, dal quale mi ero volutamente tenuto lontano per evitare di andare fuori tema ( come se non ci riuscissi già da solo). Ma non posso chiudere la risposta senza dedicare un attimo a un personaggio di cui nulla so se non una scintilla di saggezza
“solo se sai credere negli altri e sai perdonare puoi mettere a tacere i tuoi demoni”.
Ecco, forse questo è peculiare. Sto attraversando un momento in cui la mia fiducia è riservata a un numero molto piccolo di persone. Non riesco a fidarmi degli altri se non dopo averli sottoposti a un severissimo esame, di cui spero sempre non si accorgano; ma se se ne accorgono peggio per loro. La mia è paura ed è un demone; e ha ragione la giapponesina. Un testo che mi è caro a un certo punto recita “tutte le paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine”. Non credo di essere solo. A volte, in questi anni, osservo i miei genitori e non mi spiego come facciano a riporre fiducia, in un modo che a me sembra davvero inspiegabile, in gente che mi pare provenire direttamente dal letame. Vorrei proteggerli, mettermi a fare come un pazzo, ma so che le mie parole rimarrebbero inascoltate. E che per folle alla fine sarei preso io. Forse la tua giapponese in questo fa un po’ di luce, che tornerà a spegnersi quando l’avrò dimenticata. Fin quando un giorno, stavolta sì da solo, non imparerò la lezione.
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- Anonymous1 decade ago
Ho visto di recente il film Giustizia Privata (da vedere assolutamente) . A questo personaggio viene negata la Giustizia dopo che le sono state ammazzate barbaramente moglie e figlia. Giustizia non ne ha assolutamente ottenuta e il desiderio e la realizzazione della sua vendetta sono lo scopo della sua vita. Scatterebbe a chiunque la voglia di vendicarsi e sono d' accordo che il confine non esiste in questi casi
- βαяΘqυξLv 41 decade ago
Interessante.. sono curioso di sapere qual è il titolo del telefilm..
Ps: The Liar Game.. il gioco del bugiardo.. Grazie ora mi informo.. ma non c'è in italiano? :(
- Anonymous1 decade ago
La vendetta più appagante è il perdono
Source(s): Cheldamura laconico - ?Lv 71 decade ago
Non riporterà indietro l'orologio, ma la punizione del malvagio costituirà un precedente e una speranza perchè nulla di simile abbia a ripetersi.
Una sorta di deterrente e di promessa per il futuro, insomma.
Perchè, anche se si trattasse di una cosa nota magari ai soli protagonisti, qualcuno che racconterà questa cosa ci sarà sempre.
La differenza tra vendetta e giustizia sta nella misura e nell'imparzialità, oltre che nel diritto dell'accusato di potere esprimere le sue motivazioni.
Se la nipponica protagonista perdona e trova la pace, se nessun altro oltre a lei paga per questa sua "debolezza", se è felice così, buon per lei.
Ma se ne prenda tutte le conseguenze, e non venga poi a lamentarsi quando si accorgerà che c'è qualcosina che non va in questo pseudoequilibrio.
- VincentLv 41 decade ago
Come dice il Buddha per bocca del Dalai Lama: "L'uomo per natura non è cattivo, ma compassionevole". Cristo recita la morale "Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te", stessa conclusione cui arrivarono i filosofi a cominciare da Socrate a concludere con Kant, ma con più di mille anni di ritardo. Ma il premio Nobel della scienza afferma: "L'uomo è l'essere più cattivo della specie animale: solo lui uccide per il gusto di farlo e per vendetta, raramente per necessità".
Ecco il punto. La natura, al di fuori di qualunque religione e credenza, tende a difendere se stessa e fa di tutto per mantenere l'equilibrio delle forze. Piove per dissetare la vegetazione, allaga per far piovere uccide per far sopravvivere secondo la catena alimentare, fa nascere per dar vita e il ciclo si ripete. Dota l'animale di istinto per non fare alterare l'equilibrio, ma l'incidente di percorso si chiama uomo. L'uomo, finchè rispetta il suo istinto, cioè quello di vivere in comunità, socializzare e condividere le risorse del pianeta, può campare felicemente e a lungo, poichè con la sua intelligenza può evitare di combattere per la conquista della donna e del territorio, e non solo: prodomina tutte le specie animali. E questo è il mito del paradiso terrestre. Ma non può funzionare: si annoia. Deve dare un senso alla vita, deve lottare per qualcosa, deve sfidare la natura, deve combattere il suo simile, insomma, rompere l'equilibrio: definizione di cattivo. Un altro uomo in opposizione deve riparare i danni e contrastare appunto il "malfattore", come lo definisci tu: definizione di buono. Ma non è diverso dal primo: per combattere il cattivo e vincerlo bisogna adottare le sue stesse armi, quindi essere cattivo a propria volta, ma in questo caso .... a fin di bene. In definitiva la cattiveria dell'uomo si diffonde in modo esponenziale, che sia finalizzata al male o al bene, il risultato non cambia: la natura vuole l'equilibrio, il crimine reclama vendetta. E' la cosiddetta spirale di violenza che parte da un frainteso senso di giustizia, si evolve con successivi episodi di vendetta che a loro volta reclamano giustizia quindi ancora vendetta e può concludersi solamente con l'estinzione totale se qualcuno non si frappone fra le parti per dirimere i conflitti: qualcuno che parli di perdono e compassione, che si chiami Cristo, a Allah, o Gandhi, o chi sarà di turno, che comunque riesca a emergere fra le parti con il suo carisma, fino a morire martire per la causa, perchè comunque scomodo.
La vendetta, giustamente come dici, non riporta indietro l'orologio, anzi, richiama altra vendetta finchè qualcuno non usa la ragione per riportare il "naturale" senso di giustizia che, purtroppo è sempre in discussione. La compassione può invece far vedere le cose da un altro punto di vista, e riportare indietro le lancette dell'evoluzione, per ripartire da ciò che nasce buono in noi.
Un saluto
Vincent
Source(s): La storia dell'uomo