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Lv 6
? asked in Società e cultureLingue · 1 decade ago

La lingua come strumento di pace?

Il presupposto è semplice: il pregiudizio nasce dalla non conoscenza dell'altro. Il semplice sforzo di conoscenza dovrebbe lentamente scrostare, come l'intonaco di un muro, una serie di piccole e grandi credenze, frutto dell'ignoranza o della conoscenza indiretta e distorta.

Attraverso l'analisi del linguaggio di una persona, e di riflesso di un intero popolo, conosciamo strutture mentali che altrimenti ci sarebbero precluse. Ne deriva che la conoscenza del linguaggio è il mezzo più efficace per scrostare definitivamente il muro di cui parlavo e che se anche i contenuti di costui risultassero estranei al nostro sentire, disporremmo di un mezzo privilegiato per argomentarli.

Che cosa ne pensate? Credete che la conoscenza della lingua del nostro interlocutore - chiunque sia - ci aiuterebbe a capirlo e ad accettarlo? Oppure conoscere i significati profondi del suo linguaggio scoperchierebbe di nuovo qualche vaso pieno di guai?

18 Answers

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  • Nuanda
    Lv 7
    1 decade ago
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    conoscere una lingua senza conoscere la cultura a cui quella lingua è associata è come conoscere le tabelline ma non saperle a cosa applicarle. Una lingua, al di fuori del suo contesto è un insieme di suoni i cui significati (nel senso soussoriano) cambiano il significante e l’insieme di simboli linguistici che lo rappresentano, ma non cambiano minimamente l’immagine mentale che quel significato ha.

    così, se nel 1949 un italiano mai stato in america ma che studiava inglese avesse detto “telefono” o “telephone” avrebbe indicato un oggetto atto a comunicare e appannaggio di una ristretta cerchia di utenti; mentre un americano avrebbe detto “telephone” pensando a un oggetto atto a comunicare e presente già in moltissime case, un oggetto comune.

    quell’italiano del 1950 non avrebbe quindi conosciuto il significato culturale americano della parola “telephone” + di quanto conoscesse quello della parola internet, parola ancora di là da venire.

    quindi, la sola conoscenza della lingua non può, in verità, rivelarti la cultura di quel popolo; sebbene strumento privilegiato per comunicare e argomentare, conoscere solo la lingua, cioè i significanti dell’altra lingua, ma continuare a pensare ai nostri significati non ci aiuta a capirlo e accettarlo, piuttosto ci aiuta a radicarci nelle nostre conoscenze, nei nostri significati e tacciare d’errore chi, apparentemente, non li interpreta nello stesso modo. IN questo senso, sì, conoscere la lingua di un popolo potrebbe creare + danni che vantaggi;

    conoscere un popolo significa interrogarsi sul perché dei suoi comportamenti; significa chiedersi se al posto del soggetto medio A della società A1, io soggetto della mia società sarei diverso da lui, e se, alla luce di ciò, vorrei essere diverso da lui; solo questo enorme sforzo intellettivo può portare alla proficua conoscenza dell’altro, al rispetto e all’accettazione; senza questa premessa il telefono di cui sopra resterà un oggetto di fashion technology e non un mezzo di comunicazione.

    quanto alla pace, rita, sebbene sono quasi sicura che un significante corrispondente al nostro “pace” esista in tutte le lingue del mondo, non sono, invece, altrettanto sicura che il significato sia lo stesso per tutti…….

  • 1 decade ago

    Bè, è la stessa idea alla base della creazione dell'esperanto, che poi dovrebbe voler dire "che spera" o qualcosa del genere. Il creatore lo realizzò proprio con l'intento di aver uno strumento che permettesse un dialogo tra tutti gli abitanti della terra, in modo da poter evitare incomprensioni che, secondo lui, sono generalmente alla base dei conflitti.

    La base ideologica di questa idea è ovvia, una nazione, un popolo che assoggetta un altro, tende ad imporre le proprie usanze e i propri costumi, e quindi anche la lingua. Sottraendo al popolo sottomesso la sua "anima", la sua storia, la sua tradizione, ed imponendo la propria. E' sempre accaduto, anche in Italia. L'annessione forzata del sud non fu altro che una guerra di conquista da parte di una nazione pesantemente indebitata che necessitava uomini, fondi e terreni, cosa che il sud aveva. Poi si è sottratto tutto al popolo sottomesso, arrivando addirittura a bruciare 2 paesi (Casalduni e Pontelandolfo) con tutti gli abitanti. La resistenza fu definita brigantaggio, e così via.

    Si impose anche la lingua, quella italiana, che era una derivazione del fiorentino. E con quello l'opera fu completa.

    Non so se i due popoli avessero avuto la medesima lingua quella guerra di conquista non si sarebbe avuta, ma è certa una cosa, forse sarebbe stato più difficile pianificare uno sterminio di massa. Proviamo ad immaginare cosa potrebbe accadere se, durante una guerra, atroce, malvagia, popolata di innumerevoli cadaveri, il nemico ti si rivolgesse con parole comprensibili. Non tutti, ma qualcuno dei soldati, potrebbe voler ascoltare, potrebbe voler capire, chi è quell'uomo che gli hanno detto di uccidere, chi è quell'uomo che viene dipinto come nemico. E poi cosa vuole, come vive, cosa fa, se ha famiglia....

    I soldati si scoprirebbero più vicini ai soldati dell'altro esercito, piuttosto che ai loro stessi ufficiali. Sarebbe devastante, una scoperta terribile, per chi fomenta le guerre.

    Forse è per questo che le guerre odierne non sono più faccia a faccia, ma si combattono da lontano, premi un pulsante ed un missile intelligente ammazza a casaccio. Ma chi sono quelle formichine che stanno dall'altra parte del monitor ? Chi lo sa! Avanti il prossimo bersaglio....

    Il sogno di una lingua universale, capace di spezzare le barriere, risale alla Torre di Babele, e fu una punizione divina a generare quella miriade di linguaggi che hanno diviso per sempre i popoli, e i governanti lo sanno bene, come Hitler e Stalin che vietarono l'Esperanto, la lingua usata da Chaplin nelle scritte de "il grande dittatore".

    E, per non andare troppo lontani, anche oggi, in Italia, vediamo continui "strappi" di stampo nazionalista che tendono a far primeggiare dialetti e usanze strettamente locali. Niente di nuovo sotto il sole, chi comanda sa bene che la prima regola del dittatore è fomentare incomprensioni e conflitti. Se io non riesco nemmeno a capire il mio vicino di casa, se molto, troppo, mi divide da lui, fors'anche la lingua, non potrò mai vederlo come mio pari, e quindi necessariamente lo vedrò come nemico. E se io temo chi mi sta attorno, non avrò il tempo, né la voglia, di vedere cosa fa chi sta sopra di me.

    E non credo affatto che il poter dialogare con chi sta dall'altra parte del globo possa scoperchiare il "vaso di Pandora", anzi tutt'altro. Tutte le nazioni si sono realizzate nel momento in cui si è dato ai cittadini una sola lingua comune (sovraordinata ai dialetti), e credo che questo valga ad ogni livello, locale, nazionale, universale. Le differenze di usanze si superano e comprendono, basta avere uno strumento per il dialogo.

    Anni fa chattavo con degli americani, residenti negli USA, nonostante dovessi usare la loro lingua (e quindi mi perdevo le "nuances" del loro discorso), ma ho sempre trovato più cose in comune che differenze. Figuriamoci se avessimo usato la stessa lingua!

  • ?
    Lv 7
    1 decade ago

    Come tutte le cose, anche le lingue possono essere usate bene e possono essere usate male.

    Possono essere usate a fin di bene, ma anche a fin di male.

    Dipende tutto dalle intenzioni di chi le usa.

    La conoscenza delle lingue, da questo punto di vista, è uno strumento che può favorire la comunicazione pacifica e la comprensione se da entrambe le parti c'è una volontà comune di pace e di comprensione. Altrimenti non c'è lingua che tenga: anzi, la lingua stessa può diventare strumento di discriminazione: qualcosa tipo "Zitto tu che dici "sedia" invece di cadrega!" (vedi Aldo Giovanni & Giacomo).

  • Anonymous
    1 decade ago

    Sono pienamente d'accordo. Talvota ci si rende poco conto di quanto siano potenti le parole, o meglio, la lingua, il linguaggio in sé. L'incomprensione linguistica rappresenta una barriera molto alta e spessa, con la quale ci sono precluse moltissime cose, come dici tu stessa. È come se ci fossero degli ostacoli... e questi ostacoli non ci permettono di conoscere quella persona, di conoscere i suoi pensieri, il suo modo di vedere il mondo, il suo modo di sentire le emozioni, il suo modo di vivere! Tutto praticamente. Ovvio che potremmo scoperchiare altri vasi, come dici, ma perlomeno accadrebbe con "sicurezza", con "tangibilità" [non so come spiegarmi :P].

    Ergo, I agree with you u.u

    Buon pomeriggio, carissima :)

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  • indo
    Lv 6
    1 decade ago

    Penso che è vero che l'analisi del linguaggio di un intero popolo può portare alla conoscenza di esso ma non sarà di sicuro il fattore che porterà alla sua accettazione. Il pregiudizio verso una persona (o popolo) nasce dalla mancanza di carità intesa come amore verso l'altro nonostante non la pensa come me.

    A che mi serve conoscere la sua lingua, i suoi comportamenti, la sua cultura se dentro di me non c'è un minimo di tolleranza?

    Poi cercare nel profondo del linguaggio altrui porta soltanto a far nuovi paragoni, che, come ho detto prima, un individuo (o società) con tolleranza zero non accetterai mai.

  • 1 decade ago

    La Lingua come strumento di pace, sarei d'accordo

    ma nessuno la userebbe, allore sei costretta

    a trasformarla in acciacio appuntito ed uccidere

    tutti.

  • 1 decade ago

    Teoricamente, sottoscrivo e mi trovo daccordo con tutte le belle risposte che ti sono state date.

    Poi penso: ma come mai quando studiamo una lingua straniera la prima cosa che impariamo sono gli insulti e le parolacce?

    Felice sera...)))

  • Lino
    Lv 5
    1 decade ago

    Qualunque siano la lingua e la cultura di una persona rimane il fatto che è un essere umano. In quanto tale non si può sottrarre ad certe caratteristiche di fondo e comuni a tutti gli esseri umani, tra le quali: bisogno d'amore, bisogno d'integrazione sociale, di gratificazioni, di pace, di una famiglia, ecc. La cultura definiamola un sistema di valori strutturato intorno a questi bisogni e la lingua lo specchio di quella cultura. Attraverso la conoscenza della lingua dell'altro si può risalire alla sua cultura e, quindi alla sua essenza umana bisognosa di pace.

    (non mi rileggo perché c'ho vergogna)

  • Ross
    Lv 5
    1 decade ago

    I conflitti tra popoli sono lo specchio di quelli interiori di ogni individuo.

    Se consideri il fatto che nessuno di noi è in grado di sperimentare una pace totale con sè stesso, ti accorgi di come il linguaggio sia un problema estremamente marginale.

  • 1 decade ago

    sicuramente cio' che ci distingue dagli essere umani è la parola, questo grande strumento che talvolta sottovalutiamo e non utilizziamo cosciamente e sapientemente. Sicuramente conoscere la lingua del nostro interlocutore che sia ipoteticamente di una nazionalità differente aiuterebbe senz'altro a limare il tutto, ma ancora di piu' è utile a mi parere entrare nel suo mondo, capire le sue tradizioni, le sue abitudini di vita, passare pomeriggi con lui e osservare. E' affascinante esplorare culture e mondi differenti, ma ci accomuna il fatto che siamo essere umani e dobbiamo rispettarci in quanto tali.

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